Le date e i numeri di un calendario sono segni convenzionali, sono segni e numeri inventati per misurare il tempo. Tra qualche ora di fatto cambierà molto poco, eppure la percezione di un anno che finisce ci costringe a fare sempre un bilancio. Quanto abbiamo amato? Quanto abbiamo perduto? Quanto siamo diventati migliori, o quanto siamo diventati peggiori? Il tempo che passa non ci lascia mai uguali.
La nostra vita non va giudicata confrontandola con la storia, con i suoi eventi e la sua mentalità. La nostra vita non può essere giudicata guardando a noi stessi e alla nostra sola esperienza. La nostra vita è comprensibile solo se la si osserva dall’alto. Da li tutto assume un senso ed un significato, anche quello che di contraddittorio e ingiusto ci è capitato. Ed è guardando tutto dall’alto, staccandoci dalla materialità del nostro tempo che capiamo qualcosa di noi stessi. Così l’unico bilancio autorizzato di questo anno lo possiamo fare solo se liberi dalle condizioni della quotidianità frenetica comprendendo e ricordandoci che, per quanto possano sembrare a volte grandi le tenebre che abbiamo vissuto, esse non hanno vinto la luce che conta. La luce della speranza quella speranza che ci mostra come il Natale è anche compimento di vite che sembravano a metà. Di vite che potevano suscitare il dubbio del destino avverso. Tutti noi, delle volte, guardando a noi stessi, possiamo pensare che ci siano troppi buchi e troppe storture per dire di aver avuto vite giuste, o vite piene.
La pienezza della vita non dipende da ciò che ci accade, ma da ciò che incontriamo in quello che ci accade. E se analizziamo questo aspetto ci accorgeremo di aver avuto spesso la gioia di incontrare l’affetto, l’ascolto, l’amicizia e anche l’amore ma non ne abbiamo percepito la presenza. Sono proprio questi incontri che danno significato alla nostra vita e non i semplici eventi così come sono accaduti.
Giovedì, 31 Dicembre 2020
il Presidente Giuseppe D'Orsi
